Nel 1979, la Sebastiani fu costretta a cedere Domenico Zampolini a Rimini per oltre 200 milioni. Due stagioni prima lo sponsor Althea aveva portato solo 80 milioni di lire nelle casse della società, mentre lo sponsor dell’epoca, l’Arrigoni, era insolvente e stava per fallire. Nel frattempo a Rieti, avvicinatasi ai vertici del basket italiano, i costi di partecipazione alla coppa Korac avevano fatto lievitare i bilanci per cui la società doveva far quadrare i conti.
Successivamente, nel 1981, Domenico sarebbe stato trasferito da Rimini alla Scavolini Pesaro dove, in dodici campionati, avrebbe vinto due scudetti, due Coppe Italia e una Coppa delle Coppe. Unico cruccio, non essere riuscito a vincere nulla con la Nazionale.
Naturalmente dal punto di vista della tifoseria reatina – che pure comprendeva le ragioni della società e del suo presidente – quella cessione a Rimini non era un fatto positivo, per motivi sia tecnici che umani, ma dal punto di vista del giocatore si trattò di una grande fortuna. Infatti, da quel momento il buon Domenico cominciò a subire una trasformazione professionale e tecnica che l’avrebbe iscritto, di diritto, nel Gotha del basket italiano. Però, lo Zampolini visto a Rieti era un giocatore ben diverso da quello successivamente targato Scavolini. Infatti, a parte il già eccellente tiro da fuori, Domenico giostrava da ala veloce e reattiva, capace di stoppare chiunque e che, grazie alle imbeccate di Sojourner, Meely e Cerioni, si esaltava in grandi galoppate in contropiede, o si smarcava sulla linea di fondo, per andare a concludere con delle poderose schiacciate. Lasciata Rieti, invece, Domenico avrebbe cambiato stile di gioco: messa su una diecina di chili di muscoli, divenne un giocatore in grado di battagliare sul piano fisico con i lunghi avversari, a livello di scudetto e di coppe europee, mentre in attacco si allontanò dal canestro per diventare un micidiale specialista del tiro da tre. In poche parole, un giocatore meno spettacolare, ma molto più di sostanza. E i risultati gli hanno dato pienamente ragione.
Una volta ritiratosi, nel 1993, Domenico non rimase nel mondo della pallacanestro. Poi, nel 2003, fu chiamato dalla Nuova Sebastiani per svolgere il ruolo di direttore sportivo nel progetto che avrebbe riportato a Rieti la serie A anche se, una volta raggiunto tale obiettivo, nel 2007, non fu confermato nell'incarico.
Zampolini è nato a Spoleto, nel 1957, e fu notato da Aldo Alvisini, dirigente del settore giovanile della Sebastiani, in una delle tante partite seguite per conto della Sebastiani. Una scoperta che gli cambiò la vita, così come al più giovane concittadino (2 anni) Roberto brunamonti.