Nico Messina approdò per la prima volta alla Sebastiani alla quinta giornata del girone di ritorno del campionato di serie A2 1983-84. Lo aveva chiamato Italo Di Fazi al posto di Sandro Cordoni. Fino alla terza di ritorno la Fonte Cottorella, il cui obiettivo era la salvezza, viaggiava con 7 vittorie e 11 sconfitte e aveva 3 squadre alle spalle: Vigevano, Verona e Pallacanestro Livorno. Purtroppo, alla quarta di ritorno, Rieti perse in casa una importante partita per 79-81 con Verona. Tutto sommato la situazione poteva ancora essere sotto controllo ma Di Fazi ritenne che non fosse il caso di rischiare e, di sua iniziativa, chiamò Nico Messina. Il presidente Rinaldi però non gradì l’attivismo di Di Fazi e rimproverò a Cordoni di essersi dimesso in sua assenza.
Nicola Messina, subito abbreviato in Nico, nato a Potenza, detto il Tigre per la sua proverbiale grinta, era un personaggio storico del basket italiano. Singolare quanto vulcanico, durante il fascismo fu il più giovane Balilla a partecipare all’effimera conquista dell’Abissinia. Maestro dello sport uscito dalla scuola della Farnesina, per questo detto anche il “Professore, cultore della preparazione atletica - tra l’altro Messina era stato anche preparatore del Genoa e del Varese calcio – curava molto la condizione fisica delle squadre passate al suo comando. A Varese, alla guida dell’Ignis, Messina vinse lo scudetto del 1969 grazie anche ad un giovane da lui scovato pochi anni prima ad Alano Piave, dopo averlo visto scorazzare su una bicicletta sgangherata. Il Tigre lo fermò e praticamente lo costrinse a giocare a basket portandolo a Varese. Quel ragazzo si chiamava Dino Meneghin.
Messina, allievo di Vittorio Tracuzzi, oltre a due Coppe Italia, con Varese aveva anche vinto lo scudetto nel 1978 (l’ultimo prima di quello del 1999 conquistato da Gianmarco Pozzecco e Andrea Meneghin) dopo aver eliminato in semifinale proprio l’Althea Rieti. Il Professore (che allenò anche la Virtus Bologna, Napoli e Firenze) non era uno stratega sofisticato, ma lavorava bene sui fondamentali fidando molto sulla condizione fisica dei suoi giocatori. Una sua frase celebre era la seguente: «Il diametro del canestro è di 45 cm. Se non sei in buone condizioni fisiche, nel finale di partita questo diametro si restringe sempre di più. Quindi bisogna esser in forma per difendere bene e attaccare meglio. Al resto ci pensa il lavoro sui fondamentali».
Il Tigre, riuscì a portare in salvo la Fonte di Cottorella e fu confermato anche l’anno dopo quando, allenando una squadra composta da Gianfranco Sanesi, Phil Melillo, Dan Gay, Joe Bryant e 6 giovani tra cui un imberbe Gustavo Tolotti, riuscì a portare in salvo l’American Eagle.
Nel 1985-86 la Sebastiani avvicendò Messina, che andò a Brindisi, con Giancarlo Asteo però, nel campionato successivo, quando il tecnico romano, prossimo alla morte, dovette lasciare la Corsa Tris dopo 15 giornate di campionato, il Professore - dopo 4 gare dirette da Luigi Simeoni (1 vinta, 3 perse) - fu chiamato nuovamente a Rieti per ottenere l’ennesima sudata salvezza vincendo 7 partite su 11.
Dopo l’impresa del 1987, Messina si sentiva in tasca la riconferma però, quando il presidente Otello Rinaldi decise di rimpiazzare il dimissionario Italo Di Fazi con Giuseppe Varrasi, ex presidente a Firenze, che non aveva avuto in passato un buon rapporto con il Tigre, la panchina della Sebastiani fu affidata a Waldi Medeot.
Il tecnico veneto, a sua volta, resistette sulla panchina di Rieti solo 7 partite (una sola vittoria, complice anche l’imprevista deficitaria scelta di Jeff Wilkins come pivot) per cui Rinaldi decise di richiamare Messina, provocando le automatiche dimissioni di Varrasi.
Sostituito Wilkins con Jim Grandholm, la Sebastiani, divenuta nel frattempo Dentigomma, ebbe un parziale di 4 vittorie e 4 sconfitte e, il 30 Dicembre 1987, a Rieti, avrebbe potuto piazzare il colpo del k.o. battendo Rimini,ultima a 4 punti, contro i 10 dei sabini. Purtroppo l’atmosfera di capodanno giocò un brutto scherzo alla Sebastiani che, nonostante i presagi e gli avvertimenti di Messina, perse disastrosamente 67-83 rimettendo in corsa i romagnoli.
Quella sconfitta mandò in crisi la Dentigomma che vinse solo 2 delle successive 10 partite. A quel punto Messina dette le dimissioni per dare la classica scossa alla squadra che fu affidata al tandem Sandro Cordoni-Gigi Simeoni i quali, vincendo 3 gare su 5, sfiorarono la grande impresa. Purtroppo, tutti sanno cosa combinò Maurizio Ferro a Rimini il 2 Aprile 1988.
Nico Messina, 66 anni all’epoca, si ritirò dal basket. E’ scomparso nel 2005.