Nel 1981, dato l’addio a Ed Klimkowski, la Sebastiani fu affidata a Claudio Vandoni, che all’epoca aveva vinto due scudetti nel basket femminile con il Geas Sesto S. Giovanni, aveva allenato la nazionale rosa ed era fresco di esperienza di due anni di serie A maschile con la Stella Azzurra Roma, da cui traslocò anche lo sponsor Acqua Fabia.
Fu l’ultima gloriosa stagione della Sebastiani in A1, quella in cui il mensile Giganti del Basket, la prima Bibbia del basket italiano, uscì con la foto in copertina del quintetto reatino dell’Acqua Fabia, immortalata in una posa da duri. Il titolo Attenti a questi cinque era la parafrasi di una fortunata serie di telefilm giallo-rosa della coppia composta da Roger 007 Moore e Tony Curtis (Attenti a quei due). All’interno, c’era un servizio speciale sul terribile quintetto reatino che poteva tenere in scacco qualsiasi avversaria. Giganti, infatti, aveva centrato il problema: Sojourner, Zeno, Blasetti, Brunamonti e Sanesi potevano impensierire chiunque in una singola partita, ma avrebbero retto sulla lunga distanza?
Dato l’addio a Pino Danzi, che non ce la faceva più a conciliare gli impegni del basket con quelli di impiegato di banca (succedeva anche questo allora!), fu promosso in quintetto Luca Blasetti. A parte ciò, l’unica vera novità fu l’ingagggio di un certo Anthony Michael Zeno, che segnava valanghe di punti nel campionato belga ad Anderlecht. Qualcuno se lo ricordava anche perché una sera il Tg2 Sport aveva trasmesso un filmato in cui lo si vedeva distruggere un tabellone con una schiacciata. Tony in precedenza aveva disputato solo 8 partite nell’NBA con gli Indiana Pacers, ma le sue referenze erano più che buone. Zeno era un giocatore dai movimenti felini, e dall’uno contro uno spettacolare, fatto di finte imprevedibili, di grande mobilità laterale e di hesitations. Tiro morbidissimo, elevazione al solito esplosiva.
I 5 moschettieri dell’Acqua Fabia spesso e volentieri riuscivano a fare faville: vicino al totem Sojourner e allo specchietto per le allodole Zeno, Luca Blasetti, da ragazzo intelligente quale era, seppe sfruttare gli spazi lasciatigli liberi e, oltre a segnare 10 punti a partita, grazie alle lunghissime braccia diventò anche il migliore rimbalzista offensivo italiano del campionato: Luca infatti a fine stagione avrebbe catturato 146 rimbalzi in attacco contro 110 in difesa. Infine la coppia Brunamonti-Sanesi continuava a provocare incubi a tutte le guardie dell’A1. Purtroppo la panchina produceva soltanto 4.6 punti a partita. Troppo poco. Guardando le statistiche finali della stagione si vede che, a parte i 5 moschettieri, il resto della squadra produsse appena 91 punti.
In regular season tutto filò a gonfie vele e Luca Blasetti, il 2 marzo 1982, si meritò da Alessandro Gamba una convocazione in Nazionale, naturalmente insieme a Brunamonti, per l’amichevole a Bologna tra Italia e All Stars, in cui Luca segnò 8 punti. Il match fu vinto 107-104 dagli All Stars, tra i quali giocò anche Tony Zeno. Chissà perché non Sojourner? Blasetti è, e resta, l’unico reatino ad essere stato convocato in nazionale.
I problemi per i magnifici 5 dell’Acqua Fabia giunsero quando, a fine stagione, il logorio di una intera stagione presentò, per così dire, il conto.
In coppa Korac, nel girone dei quarti di finale, Rieti arrivò a giocarsi in casa la qualificazione alla semifinale contro il Sibenka Selenico, guidato dal diciottenne Drazen Petrovic che all’andata aveva segnato 30 punti.
In passato la coppia Brunamonti-Sanesi aveva fatto molto spesso vittime illustri come D’Antoni, Kicanovic, Frederick e tanti altri, ma contro Petrovic non ci fu niente da fare. L’incontenibile Drazen giocò al gatto con il topo per tutta la sera con le guardie reatine, irridendole. Inutili i 34 punti di Sojourner e i 26 di Zeno. Drazen riuscì a portare il Sibenka al supplementare dove la comprensibile fatica annebbiò i 5 moschettieri. Nell’overtime entrò pure Bonino che segnò anche 4 inutili punti. Petrovic scrisse 40 conducendo per mano Sebenico al successo (99-104) e in semifinale.
Sbollita la rabbia per la sconfitta gli spettatori reatini si consolarono dicendo di aver scoperto un futuro mostro sacro del basket che la dorata strada della palla spicchi lo avrebbe condotto, nel 1989, fino all’NBA. «Ho sempre sognato di avere Petrovic come compagno di squadra – ricorda Brunamonti – a Bologna il presidente Porelli cercò di prenderlo ma il Real Madrid gli offrì molto di più. Giocarci contro era terribile: non solo era immarcabile, ma ti sfotteva pure e non riuscivi a fare nulla per impedirglielo».
Petrovic aprì la strada ai giocatori europei per l’approdo nell’NBA. Prima di perire in un banale incidente d’auto chiuse la stagione 1992/93 con i New Jersey Nets a 22.3 punti di media a partita. La sua maglia numero 3 fu definitivamente ritirata dai Nets: cioè proprio da quella squadra che, incredibile coincidenza, era stata l’ultima formazione professionistica di Willie Sojourner nel 1975. prima del suo arrivo a Rieti.
In campionato, chiusa la regular season all’8° posto, l’avversaria per Rieti proveniente dalla serie A2 da affrontare negli ottavi del playoff sarebbe stata l’Honky Fabriano. I marchigiani, allenati dal promettente Alberto Bucci, erano una buona formazione costruita attorno al pivot Al Beal, buon saltatore e stoppatore, e all’ala tiratrice Mark Crow. Altri giocatori da tenere d’occhio erano l’idolo di casa Leonardo Sonaglia, pericolosa mano calda (ha segnato 6.000 punti in serie A), mentre il cervello della squadra era un certo Maurizio Lasi, che Rieti avrebbe imparato a conoscere ben 21 anni dopo come allenatore.
Naturalmente, dopo la beffa della stagione precedente contro Mestre, nessuno immaginava che Rieti potesse essere eliminata un’altra volta da una formazione di A2. E poi quattro protagonisti di quello sfortunato playoff (Sojourner, Brunamonti, Sanesi e Blasetti) avrebbero dovuto essere ormai rodati, oltre che desiderosi di riscatto. Insomma, il successivo quarto di finale dei playoff con Milano (già battuta 2 volte su 3 in campionato) e sfuggito la stagione precedente per colpa di Mestre, sembrò essere stato solo rimandato di un anno.
Ma l’Acqua Fabia non aveva fatto i conti, non tanto con l’entusiasmo di Fabriano che aveva acciuffato i playoff alle ultimissime battute dopo una incredibile rimonta, ma soprattutto con il logorio di una stagione (campionato e Korac) condotta con soli cinque uomini utili, a cui si aggiunse anche una notevole sfortuna.
Il mercoledì precedente garauno, Brunamonti, saltando sotto canestro era atterrato sul piede di un compagno e si era distorta una caviglia. I playoff iniziavano sotto una cattiva stella e il segno più chiaro del destino giunse verso la fine del primo tempo. Sojourner, solissimo sotto canestro, ricevette un lungo passaggio da Zeno. Willie ebbe tutto il tempo di controllare e sollevare il braccio per uno schiaccione che avrebbe dovuto marcare psicologicamente la superiorità del quintetto di casa. Invece, apparentemente per troppa sicurezza, Sojourner mandò il pallone a sbattere sul ferro e a rimbalzare in mezzo al campo. Quell’errore non fu casuale e la diceva lunga sulla condizione psicofisica dell’intera squadra, compreso Willie. Per farla breve l’Honky, trascinata dalla sapiente regia di Maurizio Lasi, che il lunedì mattina si meritò sulla Gazzetta dello Sport il titolo Lasi mondiale, disputò una partita perfetta spuntandola per 80-82 malgrado i 35 di Zeno e i 16 di Sanesi.
A Fabriano, in garadue. la Fabia era veramente decisa a vendere cara la pelle ed occorse un supplementare (77-70) prima di dover uscire ancora una volta prematuramente dai playoff. Anche se nessuno ancora lo sapeva quello fu l’addio definitivo ai sogni di gloria.
Per un motivo un altro, Vandoni non fu riconfermato per la stagione successiva e così iniziò ad allenare altre squadre finchè il coach romano, del tutto involontariamente, nel 1987 fece un bello scherzo alla città a cui è stato sempre affezionatissimo. Vandoni, infatti, aveva firmato per Rimini, in A2, ma i romagnoli, dopo aver tagliato gli inconsistenti Hoppen e Zizic a favore dei più concreti Mark Smith e Andrè Goode, successivamente avevano esonerato pure l’ex coach dell’Acqua Fabia a favore di un altro ex tecnico reatino: John Mc Millen. Inizialmente i risultati però non parevano aver premiato questa rivoluzione per cui, perdendo a Rieti, il 30 Dicembre 1988, Rimini sarebbe stata praticamente già condannata e sarebbe rimasto un solo posto per la retrocessione.Però la Dentigomma, che aveva vinto 5 delle ultime 6 partite, e che avrebbe dovuto farcela agevolmente, affrontò quella partita con la testa proiettata al cenone di capodanno e perse per 67-83 rilanciando i romagnoli che iniziarono una incredibile rimonta, coronata il 2 Aprile 1988 col famoso canestro sulla sirena di Maurizio Ferro che sancì la retrocessione della Sebastiani in serie B.
Successivamente, le strade di Rieti e Vandoni si incrociarono diverse altre volte.
Nel 1995, a 13 anni dal campionato con l’Acqua Fabia, il tecnico romano sostituì Piero Millina, in B1, e portò la squadra alla poule promozione che culminò nella gara persa a Rieti contro Ragusa a causa di un dubbio fallo di sfondamento fischiato a Marco Lokar, nelle battute finali dell’incontro, che causò gravi incidenti nel dopo partita, compresa la semidistruzione dell’auto degli arbitri. In seguito a quella sconfitta (80-84) sfumarono le residue chances per l’Emmezeta di qualificarsi per la finale dei playoff.
Tutto sommato Vandoni si sarebbe meritata la riconferma ma, inspiegabilmente, la società decise di andare per un’altra strada richiamando a Rieti Romano Petitti. La situazione finanziaria non era florida ma venne comunque allestita la formazione più forte delle ultime tre stagioni. Obiettivo dichiarato: la promozione in A2.
Purtroppo, sin dalle prime giornate il campionato fu condizionato dalle gravi difficoltà finanziarie della società. A gennaio una trattativa con David Angeletti per cedere la Sebastiani non andò in porto. A complicare l’andamento del campionato ci si misero anche alcuni gravi infortuni a Lokar, De Ambrosi e Bernabei. L’Emmezeta si qualificò per il rotto della cuffia (8° posto) alla poule promozione. L’avvio però fu disastroso e, dopo l’iniziale sconfitta ad Avellino, l’incolpevole Petitti venne subito rimpiazzato, ancora una volta da Claudio Vandoni. Ma di salire in serie A2 non se ne parlò neanche.
Terminata la stagione la situazione economica si era fatta drammatica. Marco Lelli tentò a fine maggio di cedere il titolo di B1 della AMG Sebastiani a Michele Martinelli, ambizioso presidente dell’Aquila, che militava in B2, e contemporaneamente provò ad acquisire il titolo sportivo di A2 di Pistoia. La trattativa con Martinelli, che avrebbe subito dopo ripiegato su Roseto, si arenò sulla quantificazione dei debiti della Sebastiani mentre la seconda non andò in porto perché le garanzie economiche offerte per l’acquisto non vennero reputate sufficienti da Alfredo Piperno, Gm di Pistoia.
A fine giugno sfumò una disperata trattativa dell’ultimo minuto per cedere la società a un imprenditore romano spalleggiato dall’allenatore Maurizio Polidori. Non ci fu niente da fare. L’AMG Sebastiani Basket. non fu iscritta al campionato e sparì.
Assorbito il colpo, si provò a ricostruire partendo dalla C1 di Contigliano. Venne nuovamente avvicinato David Angeletti e si cercò di coinvolgere anche Renato Milardi, tornato nel frattempo in Italia. Furono contattati Luigi Satolli, per affidargli la panchina della squadra, ed anche Paolo Scarnati.
Ma quando il progetto Contigliano stava per partire, come un ciclone a fine luglio irruppe nuovamente a Rieti Claudio Vandoni, sostenuto da un consulente finanziario di Roma, Roberto Faenzi. L’obiettivo era quello di trasferire a Rieti un diritto sportivo di serie A2: questa volta si trattava di quello detenuto da Battipaglia.
L’idea, più che altro, era quella di mettere la Federazione e la Lega di fronte al fatto compiuto, cioè dell’effettivo trasferimento baracca e burattini di Battipaglia a Rieti, sperando in qualche appoggio in Federazione e in Lega. In men che non si dica a Rieti arrivarono Giampaolo Di Lorenzo, Pino Corvo, Francesco Orsini, Nicola Bonsignori, Alessandro Gatto e Lorenzo Alberti, del quale ci si sarebbe ricordati in futuro al momento di costruire la Virtus che ancora doveva nascere.
Per quanto riguarda gli stranieri arrivò una leggenda del basket mondiale come Micheal Sugar Ray Richardson, immensa ex-star votato nel 1996 tra i 50 più forti giocatori NBA di tutti i tempi, costretto a emigrare in Italia per questioni di droga. Ex campione d’Italia ed europeo con la Virtus Bologna, Zucchero era ormai in declino ma in A2 poteva ancora dire la sua. L’altro straniero, dopo il provino di James Harper, era il pivot Bob Mc Cann, espertissimo, con alle spalle una marea di stagioni nella NBA, CBA e in Europa.
Al primo allenamento a ferragosto al Palaloniano c’erano almeno 500 spettatori a conferma che Rieti aveva sempre fame di grande basket. Purtroppo, smaltiti i primi entusiasmi, lo scetticismo sulla riuscita dell’operazione cresceva di giorno in giorno.
La squadra sembrava competitiva, ma le trattative politiche non promettevano niente di buono. Per non compromettere nulla si fu costretti a giocare a Battipaglia il turno casalingo di Coppa Italia contro Cantù per dare prova di buona volontà in attesa di qualche segnale positivo. Ma la situazione precipitò: Faenzi partì in missione per Treviso, dove aveva luogo la cerimonia di presentazione del campionato, nel tentativo di parlare con i rappresentanti di FIP e Lega, senza però trovare appoggi sufficienti.
Si cercò comunque di resistere andando a giocare la prima partita di campionato a Fabriano dove la squadra perse dopo aver resistito per 35 minuti. Il giorno dopo, però, senza validi sostegni, si dovette abbandonare l’impresa mentre Faenzi provvide a garantire la copertura per tutti gli impegni assunti in quegli sciagurati 40 giorni.
Nessuno a quel punto avrebbe mai immaginato che Vandoni sarebbe tornato ancora ad allenare a Rieti, ma il coach romano, che sporadicamente tornava al PalaSojourner, compatibilmente con i suoi impegni con altre società, per seguire la NSB impegnata sia in A2 che in A1, nel dicembre del 2008 fu chiamato dalla Spes Rieti, impegnata nel campionato di serie C dilettanti, per sostituire Marco Schiavi, riuscendo a conquistare la promozione in B dilettanti.
Sembra però destino che Vandoni non debba rimanere a Rieti per più di una stagione, o anche meno, e così, dopo il salto in B dilettanti, il coach romano non fu riconfermato. Ci sarà un altro ritorno ai piedi del Terminillo?