Nel campionato 1975/76, per un motivo o un altro, l’esperimento di affidare a Paolo Vittori una squadra che mescolava i veterani Gennari e Cerioni, l’italoamericano Frank Valenti, i riconfermati Vendemini, Lauriski e Stagni, oltre a una manciata di giovani promettenti come Sanesi, Zampolini, Torda, Mancin, a cui si sarebbe aggiunto anche l’imberbe Brunamonti, non dette i risultati sperati. Probabilmente Vittori si immedesimò troppo nel progetto di valorizzare i giovani scontentando in qualche modo i senatori della squadra, la cui congiura, alla fine gli fu fatale.
Dopo l’esonero, alla vigilia della poule poule salvezza a Caserta, la squadra fu affidata all’assistente Sandro Cordoni che poco poté fare per scuotere una Br
ina ancora frastornata e, dunque, perdente per 76-63.
A guidare la squadra verso una non facile salvezza fu chiamato Elio Pentassuglia. Il tecnico pugliese aveva iniziato l’attività sportiva nella natia Brindisi come giocatore di volley per poi passare anche al basket. Ma una grave forma di reumatismo, lo obbligò a delle cure che lo fecero ingrassare facendolo diventare Big Elio. Pentassuglia nel frattempo era diventato allenatore, prima del vivaio di Brindisi e poi del settore delle nazionali giovanili lavorando anche con le rappresentative B di Nello Paratore e Giancarlo Primo. La sua prima esperienza da capo allenatore in serie A era stata quella con la Partenope Napoli da cui era stato esonerato alla terza stagione nel campionato 1974/75 dopo una serie di divergenze col veterano italoargentino Carlos D’Aquila. Su Pentassuglia aveva messo gli occhi Italo Di Fazi e così, a quindici giorni dall’addio di Vittori, sbarcò a Rieti questo grosso allenatore, che da noi sarebbe diventato grande, anche se all’inizio fu accolto dalla tifoseria con qualche mugugno.
Pentassuglia dimostrò subito di essere soprattutto un uomo di spogliatoio, col suo arrivo i senatori, capitanati da Gennari, riottennero lo scettro e ancor più di buon grado si misero al servizio per aiutare i più giovani. Non su possibile restare in A1, ma con un gruppo di ragazzi da lanciare, sicuramente la serie A2 sarebbe stata più adatta. Inoltre, sicuramente Big Elio era anche un uomo molto fortunato perché la sorte gli mise sulla strada Willie Sojourner che, insieme a Cerioni, avrebbe allevato tre futuri campioni come Sanesi, Zampolini e Brunamonti, a cui più tardi si sarebbe aggiunto anche Blasetti.
Sfiorato il ritorno in A1 nel 1977, con l’apertura da parte della F.I.P. al secondo straniero e il conseguente arrivo di Cliff Meely, la Sebastiani divenne una delle squadre più forti, belle e spettacolari da vedere. Nel giro di due stagioni arrivarono due semifinali scudetto consecutive contro Varese e Sinudyne Bologna e una finale di Coppa Korac impossibile da vincere a Belgrado contro il Partizan. Quindi, rimpiazzati Zampolini (per fare cassa) e Meely, con Pino Danzi e Lee Johnson arrivò anche la conquista della Korac.
Poche settimane dopo il successo in Coppa Korac, Elio Pentassuglia diede l’addio a Rieti cedendo alle lusinghe di Varese. Forse aveva intuito che il ciclo di Rieti si stava concludendo e che la Sebastiani non avrebbe potuto dargli una squadra competitiva, con ampia libertà sul mercato, per poter puntare a obiettivi più elevati.
Big Elio abbandonò Rieti tra mille ringraziamenti e auguri. Al suo nome erano, e restano, legati i più grandi risultati mai raggiunti dalla città in campo cestistico. Probabilmente il maggior pregio di Pentassuglia fu quello di sapersi adattare alla realtà di Rieti e della sua squadra dove trovò un veterano come Cerioni, tre talenti in fase di esplosione come Brunamonti, Zampolini e Sanesi, e uno dei più grandi centri mai arrivati in Italia fino ad allora come Sojourner. Il coach pugliese seppe gestire al meglio sia il materiale umano messogli a disposizione dalla società sia un personaggio come Sojourner, sul quale chiuse sempre un occhio riguardo alle libertà che questi si concedeva fuori dal campo, venendone ripagato nel miglior modo possibile.
«Elio era l’amico di tutti i giorni – osserva Zampolini – ha saputo prendere noi giovani dal verso giusto. Non ci mai detto ‘hai sbagliato’. Ci avrebbe ucciso».
«Un bravo psicologo – questo il parere di Brunamonti – capace di mettere tutti a proprio agio sdrammatizzando qualsiasi situazione. All’inizio, a parte Cerioni e i due stranieri, eravamo solo un gruppo di giovanotti imberbi, ma Elio ha saputo tirarci su, ben sapendo che la società difficilmente avrebbe potuto comprargli qualche nuovo elemento per rinforzare la squadra».
Dunque, più che un sofisticato stratega, un abile gestore di uomini e in questo tanti tecnici preparatissimi sulla teoria e sulla tattica, magari anche più di Elio, sono certamente meno capaci.
Quando nel 1988 la Sebastiani sprofondò nel purgatorio della serie B, Pentassuglia fu pronto a correre, mosso da immensa gratitudine, al capezzale della società con cui aveva ottenuto le più grandi soddisfazioni. Purtroppo un terribile destino gli impedì di sapere se sarebbe mai riuscito nell’impresa di riportare Rieti in serie A.