Sfortunatamente spettò a Rieti la sorte di scoprire per prima il talento di Drazen Petrovic che, nel 1982, era un promettente giocatore jugoslavo di 17 anni di cui si cominciava a parlare e che si stava appena affacciando sul palcoscenico internazionale. Non dimentichiamo che all’epoca non c’erano nè internet nè le televisioni satellitari e tutto viaggiava sul passaparola e su qualche segnalazione apparsa su Superbasket o su Giganti del Basket.
L’Acqua Fabia, nel girone d’andata dei quarti di finale di Coppa Korac, andò a giocare a Sebenico, nell’ultima giornata del girone di ritorno, e perse rocambolescamente 95-94 a causa dei 30 punti del giovane Petrovic. Nel prosieguo del girone eliminatorio la situazione volle che entrambe le squadre si sarebbero giocata la qualificazione alla semifinale di Korac a Rieti, nell’ultima partita di ritorno. E così arrivò questa benedetta partita, non fosse stato altro che per vedere all’opera il temuto Petrovic, descritto come un diavolo inarrestabile dai resoconti di Elio Pentassuglia e degli altri uomini dell’Acqua Fabia che, comunque, per passare il turno contavano sul fattore campo favorevole per vincere la partita, trasmessa in diretta dalla RAI.
Come già detto più volte, la coppia Brunamonti-Sanesi in passato aveva fatto spesso vittime illustri come D’Antoni, Kicanovic, Frederick e tanti altri, ma contro Petrovic non ci fu niente da fare. L’incontenibile Drazen giocò al gatto con il topo per tutta la sera con le guardie reatine irridendole. Inutili i 34 punti di Sojourner e i 26 di Zeno. Drazen riuscì a portare il Sibenka al supplementare. La comprensibile fatica annebbiò i 5 moschettieri. Nell’overtime entrò pure Bonino che segnò anche 4 inutili punti. Petrovic scrisse 40 conducendo per mano Sebenico al successo (99-104) e in semifinale.
Sbollita la rabbia per la sconfitta gli spettatori reatini poterono vantare di aver visto giocare un mostro sacro e permettersi di dire: «Io c’ero».
Sojourner aveva disputato una partita memorabile ma a chi, pensando di consolarlo, gli sottolineava la sua grande prova rispose: «E a che serve se abbiamo perso!». Lo sport è (anche) fatto di questo.
Brunamonti, per prendersi la più grande delle rivincite, avrebbe dovuto attendere gli Europei di Nantes del 1983.
Per Drazen Petrovic, che sarebbe stato soprannominato il Mozart del canestro, la dorata strada che nel 1989 lo avrebbe portato nell’NBA, nei Portland Trail Blazers, era appena cominciata. «Ho sempre sognato di avere Petrovic come compagno di squadra – ricorda Brunamonti – a Bologna il presidente Gianluigi Porelli cercò di prenderlo ma il Real Madrid gli offrì molto di più. Giocarci contro era terribile: non solo era immarcabile, ma ti sfotteva pure e non riuscivi a fare nulla per impedirglielo».
Nel 1993, prima di perire in un banale incidente d’auto in Germania, mentre si recava a un raduno della nazionale, Drazen Petrovic, il primo giocatore europeo a lasciare un segno indelebile nell'NBA, chiuse la stagione con i New Jersey Nets a 22.3 punti di media a partita. La sua maglia numero 3 fu definitivamente ritirata dai Nets: cioè proprio da quella squadra che, incredibile coincidenza, era stata l’ultima formazione professionistica di Willie Sojourner nel 1975 prima del suo arrivo a Rieti, da cui il buon Zio Wilie ancora non immaginava di essere sul piede di partenza.