Adolfo Marisi, romagnolo, soprannominato Porfirio, in onore del grande playboy Porfirio Rubirosa, dunque piacente rubacuori, giunse alla Sebastiani nel 1976 dopo un’onorata carriera in serie B, nelle squadre emiliano-romagnole, in particolare a Forlì. Tra l’altro, il club forlivese, finchè fu in B, ottenne lo sponsor Brina, come Rieti. Un esempio di quanto Renato Milardi operasse a largo raggio nel campo del marketing, visto che pure l’Alco, abbinata a Rieti con l’atletica, in serie A era lo sponsor della Fortitudo Bologna.
Forlì, nel 1975, una volta promossa in serie A2, per ovvii motivi, perse lo sponsor Brina, appannaggio della Sebastiani, diventando JollyColombani. L’anno dopo Porfirio approdò alla Sebastiani in qualità di cambio di Cerioni.
Marisi era un ottimo tiratore da lunghe distanze. Piazzato però. Non era infatti un grande atleta. In compenso era intelligente, conosceva bene il gioco e questo gli aveva permesso di dominare in serie B e di ritagliarsi un ruolo, a 26 anni in serie A2. Infatti, con la Sebastiani, Marisi segnò 14 punti di media il primo anno mentre nel secondo, con l’Althea, dopo l’avvento anche di Meely, sfiorò i 10. Una volta in A1, con l’Arrigoni, il gap atletico si fece un po’ sentire. Le medie calarono ancora e la stagione successiva Porfirio ritornò in B per risalire in A2, con la Pallacanestro Livorno, nel 1980.
Ormai però si stava preparando a una lughissima carriera di allenatore che, serie A esclusa, ha visto Marisi su numerose panchine, in tante categorie, sia maschili che femminili.
Tra parentesi, già a Rieti Porfirio aveva appeso al chiodo ogni velleità da playboy, diventando fedelissimo e, come suol dirsi, lavorando per la patria, dal momento che ha messo al mondo tre figli - Riccardo, Giovanni e Francesco - a diversi livelli tutti validi giocatori di basket.