Alberto Scodavolpe, napoletano, proviene da una famiglia dedita al basket; in quanto anche le sorelle furono ottime cestiste. Playmaker, ottimo tiratore, cresciuto nella Partenope, dopo tre stagioni in serie A, da qualche anno era sceso in serie B, finché Elio Pentassuglia, che lo aveva già allenato a Napoli, si ricordò di lui, nel 1979, per rimpiazzare Mauro Cerioni, anche se il ruolo era molto diverso. Del resto l’Arrigoni, impegnata sul duplice fronte campionato-Coppa Korac, aveva bisogno di allungare la panchina per dare respiro al quintetto base.
Il nome di Scodavolpe resta indelebilmente legato alla finale di Coppa Korac disputata a Liegi, contro il Cibona Zagabria, il 26 Marzo 1980. Nel secondo tempo della partita l’Arrigoni aveva allungato leggermente sugli slavi che però, a metà ripresa, ebbero una discreta reazione. Sul fronte reatino Johnson accusava la fatica, mentre Sojourner non decollava. Tra gli italiani solo Brunamonti e Danzi avevano fatto qualcosa di buono. Pentassuglia aveva già provato Sanesi, ma Padella, troppo nervoso, era tornato in panca.
Il Cibona, trascinato da Nakic, Petrovic e Knego, si stava rifacendo sotto a -4, a 4 minuti dal termine. L’Arrigoni faticava a reagire. Pentassuglia passò in rassegna la panchina: gli occhi caddero su Alberto Scodavolpe. In campionato non aveva brillato molto, una sola volta in doppia cifra (11 punti) a Rieti contro la Superga Mestre e un canestro vincente a Pesaro. Però in semifinale a Spalato, contro la Jugoplastika, non si era comportato male mentre a Liegi, nel primo tempo, quando era entrato in campo, aveva segnato un paio di canestri ma, soprattutto, non aveva commesso errori. Big Elio decise: Scodavolpe sarebbe tornato in campo.
Il Cibona stava rimontando. Palla a Rieti, ma la sfera, che non pareva più di cuoio ma di piombo, passava di mano in mano finché capitò tra quelle di Scodavolpe che era smarcato, forse anche perché battezzato, come suol dirsi, dalla difesa slava. A dire il vero Alberto avrà avuto pure tanti difetti ma la mano morbida gli veniva riconosciuta dagli allenatori. Però questo probabilmente il pur ottimo tecnico Mirko Novosel lo ignorava. Fatto sta che Scodavolpe era smarcato per cui, senza pensarci su due volte, sparò un tiro che al giorno d’oggi sarebbe stato registrato come una tripla. Il suo coraggio venne premiato con un canestro. Il Cibona si riallontanò, ma poi si rifece sotto e Scodavolpe, invece di imitare Paganini, decise di concedere il bis. Altro tiraccio, altro canestro: le gambe degli slavi questa volta si piegarono. «Non vorrei sembrare presuntuoso – racconta Scodavolpe – ma in quel periodo ero in buona forma e quando segnai quei due canestri mi sentivo abbastanza tranquillo. Del resto il tiro è sempre stato la mia arma migliore. Non potevo permettermi di sbagliare».
Nell’ultimo minuto di gioco Lee Johnson ritrovò un po’ di birra in corpo, Danzi piazzò un tap-in importante e, grazie anche alla regola che all’epoca consentiva di rinunciare ai tiri liberi, Brunamonti amministrò il vantaggio finale. L’Arrigoni vinse 76-71: la Coppa Korac era di Rieti, che divenne la quinta città italiana a fregiarsi di un titolo europeo dopo Milano, Varese, Napoli e Cantù. Scodavolpe, invece, aveva qualcosa da raccontare ai nipotini davanti al camino nelle lunghe notti d’inverno.
Negli anni successivi Scodavolpe giocò in serie B, nel 1984-85 torno in serie A col Banco Roma e, dopo qualche altro campionato minore, lasciò definitivamente il basket.