Partite storiche
Pesaro, spareggio promozione in serie A Brina Rieti-Ivlas Vigevano: 55-44
Quando gli arbitri Ardito e Compagnone fischiarono la fine dello spareggio con l’Ivlas Vigevano che sanciva la vittoria della Brina Rieti e quindi la sua promozione in Serie A, il Palazzo dello Sport di Pesaro venne giù letteralmente. e migliaia di reatini che avevano gremito le gradinate, impazziti di gioia, scesero in massa sul parquet per portare in trionfo i loro campioni. Momenti indimenticabili di entusiasmo che concludevano una giornata di tensione. Già al mattino di quel 29 Giugno 1973 migliaia di reatini si erano riversati, con 20 pullman e centinaia di auto in riva all’Adriatico in quella Pesaro che da anni era tra le più rinomate piazze della pallacanestro italiana. Per alcune ore il lungomare si trasformò in una appendice di viale Maraini, all’epoca baricentro del passeggio reatino che si sarebbe spostato solo molti anni dopo in piazza del Comune in seguito al ritorno della Fontana degli angeli nella sua sede originale. Rieti insomma era presente in modo massiccia ad un evento forse irripetibile, che avrebbe dovuto sancire definitivamente il passaggio della città al vertice dello sport nazionale, nella pallacanestro, dove pensava di meritarsi un posto fisso dato che il territorio sabino stava vivendo un momento particolarmente felice di progresso economico e sociale. Per raccontare l’evento la stampa reatina, attenta osservatrice del nascente fenomeno sportivo era presente in massa: il Messaggero, Il Tempo, il Corriere dello Sport avevano inviato fior di giornalisti i quali speravano di poter mettere nero su bianco il successo del quintetto amarantoceleste ed accompagnarlo degnamente in Serie A.
Quella fu una partita che si cominciò a giocare già prima che le squadre entrassero in campo perché i sostenitori della Brina erano entrati in clima agonistico non appena messo piede sul suolo pesarese In mattinata un gruppo di tifosi reatini che aveva riconosciuto Mario De Sisti, allenatore di Vigevano, seduto in una gelateria, lo circondarono per lasciarlo andare solo dopo avergli fatto gridare: Forza Brina!.
Ore prima dell’inizio della gara i sostenitori di Rieti affollavano quello che i pesaresi chiamavano l’hangar, cioè il vecchio Palasport di Via dei Partigiani, relegando la scarsa rappresentanza della tifoseria lombarda in un ristretto settore esposto senza difesa alla massacrante pressione dei sostenitori reatini che sciorinavano cori e canti, impressionando a tal punto i dirigenti di Vigevano da chiedere agli arbitri di fare una ricognizione in campo prima di presentarsi sul parquet. Moralmente i lomellini erano già sconfitti perché si capiva che quel pubblico entusiasta e scalmanato, avrebbe accettato malamente un verdetto diverso da quello vincente per la Brina. Non a caso i pochi appassionati locali parteggiavano per Vigevano, chiaramente la più debole. Ma chi è questa Brina? domandò uno di essi ad una signora tutta compita, ma solo apparentemente tranquilla. «Ne sentirete parlare» fu la profetica risposta. Ma perché si era giunti a quello spareggio? La formula del campionato di serie B prevedeva, dopo il girone all’italiana, la disputa di una poule promozione (con incontri di andata e ritorno) a quattro squadre composta dalle prime 2 classificate del girone del nord (Splugen Gorizia e Ivlas vigevano) e le prime 2 del sud (Sapori Siena e Rieti). I toscani si aggiudicarono la poule e salirono in serie A direttamente mentre Gorizia fu subito tagliata fuori da Brina ed Ivlas.
Furono partite epiche e ricche di ricordi per chi le ha vissute in prima persona. Ad esempio all’epoca non esistevano le radio private e allora, per raccontare in diretta le partite in trasferta della Brina, la redazione di Rieti de il Messaggero mandò il suo inviato Sergio Cacciagrano a Vigevano, Gorizia e Siena per raccontare le gare per telefono e che, a loro volta, venivano ritrasmesse con dei megafoni dalle finestre della redazione in una piazza del Comune gremita all’inverosimile.
E come dimenticare le astuzie del coach Dado Lombardi (soprannominato così perché all’epoca veniva pubblicizzato in Tv il dado da brodo omonimo)? Incredibile la settimana precedente il primo scontro a Rieti con Gorizia. Nelle interviste il coach della Splugen, Jim Mc Gregor ammoniva: «Siamo forti, il freddo carsico ci ha temprati a dovere. Siamo dei duri, ci siamo allenati anche all’aperto per raccogliere più energie». Allora Lombardi propose al GM Italo Di Fazi di far giocare la partita con il palazzetto riscaldato e quindi di accendere il riscaldamento per un paio di allenamenti allo scopo di abituare la squadra. Di Fazi fu subito d’accordo: «Accendiamo per tutta la settimana al massimo, parlo io col custode». Era primavera, ma quella sera contro la Splugen sembrava di stare alle Hawaii. Dopo sei minuti i carsici boccheggiavano letteralmente mentre la Brina, temprata da una settimana di saune, era fresca come…un surgelato. Gli ospiti si sciolsero letteralmente e furono travolti. A fine gara alcuni goriziani dovettero andare a riprendersi cercando un po’ di fresco sull’argine del Velino. Torniamo al Vigevano. I lombardi erano una forte squadra che contava soprattutto sul coriaceo pivot Mauro Albanese e sulla guardia–play Massimo Antonelli che successivamente avrebbe vinto lo scudetto con la Virtus Bologna di Dan Peterson, La Brina, invece, puntava sulla classe di Gianfranco Lombardi. Il Dado nazionale malgrado le 32 primavere e i chili sovrappeso (a quei tempi i calzoncini erano aderenti e non di taglia extra-large come andranno poi di moda, per cui era costretto a tagliarli in fondo per poterci entrare dentro) Lombardi dispensava ancora numeri di classe cristallina e pur nel doppio ruolo di allenatore-giocatore, era capace di ammazzare letteralmente una partita in un solo tempo e di annichilire qualsiasi difesa. L’autonomia, però, era quella che era. Ad amministrare il resto ci pensava la regia del bolognese Paolo Bergonzoni, uno che giocava con gli occhiali retti con l’elastico, altro che lenti a contatto o occhiali alla Jabbar. Paolino, bella sospensione e penetrazione, aveva vestito anche la maglia della nazionale ed era coadiuvato da Enzo Napoleoni, piccolo uomo d’ordine, dallo stile un po’ compassato ma a cui era difficile togliere la palla.
Sotto canestro il ruolo dei leoni spettava all’idolo locale Luigi Simeoni, detto Giggi Ferro e al romano Francesco Chicco Marchetti, pivot di 1.98 dalla grinta incredibile: una vera roccia. A questi dava una mano il toscano Giovanni Bacci, due metri di eterna promessa. Completavano la squadra Enzo Salvatori, buon tiratore da fuori, la guardia Pino Berrè e Raul Altobelli, altro buon tiratore, tragicamente scomparso pochi anni dopo in un incidente d’auto. All’andata Rieti vinse a Vigevano di due punti (58-60) con un canestro all’ultimo secondo quasi da metà campo di Napoleoni ed attendeva a piè fermo gli avversari nella penultima partita della fase di ritorno al Palazzetto dello Sport di piazzale Leoni. L’aspettativa era enorme. La gente fece ore di fila: un lungo serpente umano si avvolse per 3 giri attorno all’impianto in attesa di acquistare i biglietti. Come per la precedente partita interna contro il Sapori Siena, a causa della modesta capienza del Palazzetto, si dovette fare ricorso alla trasmissione televisiva a circuito chiuso dell’incontro con collegamento nella piscina comunale dove era stato allestito uno schermo gigante, grazie agli sforzi dei professori dellIstituot Professionale, Giuliano Giacchetti (futuro segretario del comitato provinciale FIP e poi della Virtus Rieti, divenuta successivamente Nuova Sebastiani), Carlo Bufarini, Ennio Faccani, Alessandro Papini e Roberto Antonucci, mentre le telcamere erano manovrate da Alberto Olivo, uno dei futuri fondatori di Tele Radio Sabina 2000. In ogni caso quella fu la prima trasmissione televisiva in assoluto realizzata a Rieti. Decisivo, in tal senso, fu anche l’interessamento in questo senso del provveditore Luigi Minervini, grande appassionato e seguace del quintetto reatino. Un drammone era però in agguato. A pochi minuti dall’inizio del match in rapida successione, durante il riscaldamento, si infortunarono Lombardi (grave distorsione alla caviglia sinistra) e Altobelli (ferita all’arcata sopraccigliare destra dopo aver urtato un compagno). Scene di disperazione negli spogliatoi, perché tutti capivano che senza lui sarebbe stata dura. Stringendo i denti Lombardi scese in campo per qualche minuto, segnando cinque soli punti, ma poi passò la maggior parte del tempo in panchina. Non ci fu niente da fare: Vigevano, come la Brina all’andata, vinse di un punto (57-58) con un contestatissimo canestro all’ultimo secondo e le diecine di bottiglie di spumante portate dentro al palazzetto dovettero rimanere malinconicamente tappate. «Ma quella vecchia volpe di Italo Di Fazi se ne inventò una delle sue - ricorda Lombardi – poiché decise di inoltrare reclamo contro il risultato sostenendo che il canestro finale di Vigevano era stato segnato a tempo scaduto. Nessuno sperava nel suo accoglimento e così fu. Ma la società non si dette per vinta ed interpose appello alla Corte federale. In tal modo fu guadagnato quasi un mese, perché allora i tempi della giustizia erano molto più lenti di adesso, cosicché la mia caviglia migliorò e a Pesaro potei giocare qualche minuto». La partita fu più nervosa che bella. La Brina prese subito in mano il comando delle operazioni mantenendolo per tutto l’arco dell’incontro. Marchetti annullò Albanese, Napoleoni orchestrò bene la regia. Bergonzoni limitò Antonelli. I due allenatori, Lombardi e De Sisti, erano predicatori della difesa e del gioco controllato per cui il punteggio, come nei due scontri precedenti, fu bassissimo. Vigevano resse fino a un paio di minuti dal termine finché Gigi Simeoni, uno dei migliori in campo, correggendo in tap-in un tiro errato dei compagni segnò il canestro della sicurezza (+10). La Brina vinse 55-44. Rieti era in serie A.
A Rieti, i tifosi rimasti in città (oltre 2000, con 20 autobus e innumerevoli auto, avevano seguito la squadra in riva all’Adriatico) scesero a festeggiare la vittoria e a dar vita a caroselli di auto a cui siamo ormai abituati da decenni e che oggi spesso vengono inscenati anche con banali pretesti sportivi.
All’epoca, invece, una scena del genere si era vista in precedenza soltanto un’altra volta: la notte del 17 giugno 1970, quando l’Italia sconfisse la Germania Ovest per 4-3 allo stadio Azteca di Città del Messico nella semifinale dei mondiali di calcio e tutta la nazione si riversò spontaneamente sulle strade per festeggiare l’impresa degli azzurri.
Quella sera invece fu una notte solo reatina, incredibile per tutti e oggi, rivedendone le foto, ci viene da sorridere guardando come eravamo vestiti, quanto eravamo più magri, quanti capelli avevamo ancora (e come erano pettinati), e su quali auto scorazzavamo.
Lo storico tabellino:
BRINA RIETI: Simeoni 5, Lombardi 5, Berrè 5, Bacci 6, Bergonzoni 4, Marchetti 14, Altobelli 4, Napoleoni 12, Salvatori 2, Olivieri, All.: Lombardi.
IVLAS VIGEVANO: Antonelli 10, Quaglia 2, Plotegher 5, Vigna 7, Malachin 7, Bertuol 6, Freguglia 3, Albanese 4. N.e.: Mistra e Scaglia. All.: De Sisti.