Campionati
 
2007 / 2008

Dopo il raggiungimento della serie A, una volta avute garanzie concrete sullla copertura del campionato – ma solo apparentemente perché il grande sforzo economico per ottenere la promozione sarebbe stato pagato sulla lunga distanza – il primo problema della Nuova Sebastiani, sponsorizzata Solsonica, fu quello di rimpiazzare Marcus Melvin, finito a Varese dopo un lungo braccio di ferro con la società – descritto nel profilo del giocatore – relativo alla sua riconferma e che fu dalla stragrande maggioranza ignorato mentre, in realtà, non era altro che il primo campanello di allarme di situazioni che si sarebbbero verificate sempre più frequentemente in futuro. Lino Lardo fu molto contrariato di dover rinunciare a Marcus Melvin ma non potè farci nulla.
Il posto di Melvin fu preso da Leroy Hurd, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori Stranieri, al quale furono affiancati Russel Carter, Morris Finley e soprattutto il pivot senegalese Pape Sow, vero e proprio, e costoso, colpo di mercato, i  cui profili sono nelle sezioni Personaggi e Giocatori Stranieri.
Nel settore italiani, invece, la grande novità fu l’arrivo dell’italoargentino Mario Gigena, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori, un elemento fidatissimo di Lino Lardo.
Infine, a completare il gruppo, insieme ai confermati Bonora, Mian, Prato, Helliwell e Rizzo, giunse Tuukka Kotti che, da bravo finlandese, un po’ chiuso e introverso, disse si e no dieci parole in tutta la stagione.
Se Sow era un giocatore che prometteva numeri visti solo ai tempi di Lee Johnson, mentre di Hurd si temeva la tenuta fisica dopo le due mezze stagioni disputate in precedenza a Teramo e Montegranaro, Carter, come ogni rookie era da tutto da scoprire. Finley, infine, sembrava una vera incognita, sopratttutto per la provenienza dal campionato belga, anche se molti dimenticavano che altri buoni giocatori erano giunti a Rieti da lì, come Zeno e Gay.
La partenza fu subito col botto. Causa impegni di Treviso, in tourneè in Cina, il match d’esordio in casa con la Benetton fu posticipato e così la Solsonica esordì soltanto alla seconda giornata, nel rinnovato PalaSojourner, contro Milano che era già in crisi di identità. Sow e Finley fecero subito i numeri mentre Carter, non ingranò, facendo intuire la sua difficoltà ad adattarsi allo stile di gioco europeo.
Il successo con Milano fu bissato da quello con Biella, sempre in casa, per l’entusiasmo generale dei tifosi. Fnley era già diventao il nuovo beniamino dei reatini, Sow dava spettacolo e adrenalina, mentre Hurd stava facendo dimenticare il povero Melvin. Qualcuno parlò subito di playoff e Lardo faticò a gettare acqua sul fuoco.
Infatti, nelle successive tre trasferte, incluso il recupero con Treviso, intervallate da un bel successo interno su Teramo, la quadra si ridimensionò un po’ ma, a riaccendere gli entusiasmi arrivò la trasferta di Roma. Molto sentita perché si giocava per la prima volta contro l’ex reatino David Hawkins.
La più grande sorpresa furono i quasi duemila reatini che trasformarono l’immenso PalaLottomatica in una sorta di PalaSojourner, riuscendo a coprire le voci dei sostenitori romani. Sow distrusse i lughi avversari, Finley si portò a spasso le guardie e lo stesso Carter, visto che la partita prese una piega a lui congeniale, giocò molto bene. Netta vittoria 76-86 ma era troppo presto per sognare.
A smorzare subito gli entusiasmi arrivò la battuta d’arresto casalinga con Udine. Dite la verità, quante volte, tra tifosi, avete detto “Hai visto che partita ha perso - o buttato via – la tale squadra?”, aggiungendo magari il più classico dei “Ma come se fa!”. Sì, sì, detto proprio così, in reatino. Purtroppo, dopo oltre trent’anni di basket ancora non si è imparato  che la pallacanestro è prorprio questa; che gli allenatori non hanno il telecomando in campo dei giocatori i quali, a loro volta, sono uomini e possono anche sbagliare. E’ vero in certi casi un allenatore comette anche degli errori, in una singola partita, ma più spesso è solo un problema di testa e di concentrazione.
Insomma, per farla breve, la Solosnica, che stava controllando la partita per 69-61, si beccò 4 triple di fila (2 Allen, una Schultze e l’ultima, tremenda, Vetoulas) e perse 71-74 anche perché Sow, come avrebbe fatto smepre più spesso, tentò di vestire i panni del salvatore della patria facendo solo danno su danno.
La delusione fu subito bilanciata dalla successiva trasferta in cui Rieti maramaldeggiò su Scafati, facendo illudere che Carter (20 punti) si fosse ormai inserito in squadra. In realtà Lardo e Giuliani lo avrebbero già sostituito se un provvedimento della ComTec (il comitato di controllo della Lega sulla regolarità delle posizioni societarie) non avesse sospeso il mercato della Nuova Sebastiani.
Dopo le sconfitte a Siena e in casa della Virtus Bologna, la vittoria su Napoli e lo scivolone interno con Capo D’Orlando, in  cui Giammarco Pozzecco (27 punti) fece spettacolo uccidendo la partita mentre dialogava con giocatori e pubblico, compreso Andrew Howe, arrivarono il colpaccio in casa della sorpendente Avellino (75-83 Finley 30, Hurd 17) e il successo all’ora di pranzo su Pesaro (77-72: Sow 20).
A quel punto il bilancio della Solsonica era eccellente, 8 vittorie e 7 sconfitte, e di ricominciò a fare un pensierino ai playoff, ma le cose sarebbero andate diversamente e senza vere e proprie respnsabilità tecniche. In pratica, qualcosa iniziava a scricchiolare nella solidità societaria ripercuotendosi sul rendimento in campo. Solo per Carter si sarebbe trattato di un problema di inserimentio che però non si poteva risolvere a causa del blocco del mercato. La punta dell’icebrg era invece il rendimento di Sow, reso sempre più individualista e insofferente dalla situazione. Purtroppo Helliwell non poteva farne le veci. Il blocco italiano invece, più abituato a vivere certe situazioni, teneva ancora bene però regalare due stranieri ogni domenica era un lusso che nessuno si può permettere.
La Solsonica perse 4 gare consecutive (2 in casa) mentre si cercava di piazzare altrove Sow per una forte contropartita economica che avebbe consentito di sbloccare il mercato e darsi una piccola riassestata, cercando allo stesso tempo un pivot che lo sostituisse. Purtroppo quelli buoni costavano troppo. Alla fine Sow andò in Polonia, al Prokom, mentre Carter finì a Sassari per sostituire egregiamnete, a conferma di buione potenzialità, l’infortunato Whiting.
Il primo ad arrivare fu la guardia bulgara Filip Videnov, giocatore di alto livello fermo da molti mesi e in via di recupero da un infortunio a una caviglia per cui accettò di venire a Rieti a una cifra inferiore a quelle abituali per lui. Col bulgaro arrivò il regista italoargentino Nelson Ingles.
Prima di questi due innesti, ma già priva di Sow e Carter, la Solsonica vinse incredibilmente a Biella (75-81, Finley 27, Gigena 19). Invece la gara interna successiva, con i due nuovi arrivati, contro Varese, sapeva un po’ di ultima spiaggia poiché le precedenti 4 sconfitte avevano riavvicinato la NSB alla parte bassa della classifica, mentre i lombardi, dove Melvin aveva iniziato a intraprendere la parabola discendente descritta nel suo profilo, erano ormai quasi agli sgoccioli. La partita fu drammatica e per fortuna, dopo la tripla di Gigena per 83-82 della Solsonica, Delonte Holland fallì il suo tentativo,  altrimenti sarebbero stati guai seri.
Tirato un sospiro di sollievo giunse a Rieti Steven Smith, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori Stranieri, il quale però, nonostante il preannunciato arrivo in città già il giovedì, non potè giocare la domenica perché, com’è come non è, il venerdì mattina prima della partita, nonostante le corse di Antonello Riva e dello stesso Smith tra questura e ufficio postale per completare la pratiche necessarie, non si riuscì a tesserarlo.
Un vero guaio perché al PalaSojourner era in arrivo Montegranaro, già vittoriosa all’andata, per l’ennesima mancata rivincita poiché i marchigiani vinsero per ancora una volta (92-105, Finley 32, Videnov 16).
Soltanto nella succesiva trasferta di Teramo ci si potè accorgere che Smith era un’ala vera e propria che preferiva giocare fronte a canestro per l’uno contro uno e per tirare da tre. Altezza, elevazione e gioco schiena a canestro non gli difettavano, ma Smith era un’ala. Purtroppo la ristrettezza dei tempi, e anche della disponibilità economica, non consentirono di trovare di meglio.
Malgrado la sconfitta in Abruzzo la Solsonica infilò il trittico di partite decisivo per il prosieguo della stagione battendo a Rieti, all’ora di pranzo, ancora una volta la Lottomatica Roma (69-61, top scorer videnov con 14). Successo bissato a Udine per poi chiudere con una facile vittoria interna su Scafati (85-67) ormai sulla strada della retrocessione.
Da rilevare che, prima del match in Campania, i problemi che poi avrebbero sempre più frequentemente afflitto la Nuova Sebastiani, rischiarono di far partite Finley verso l’Eurolega, in Turchia al Fenerbahce, per il consueto allettante buyout. Alla fine però, sia le pressioni del coach che di qualche compagno italiano, che a quel punto avrebbero visto ridotte a lumicino non tanto le chances di patecipare ai playoff quanto quelle di salvezza, Morris decise di restare.
Lino Lardo e Alessandro Giuliani, pur schierando Helliwell come unico vero pivot e arrangiandosi con Smith, il volenteroso Kotti e lo spagnolo Gomez, fresco arrivato, grazie anche al mestiere di Bonora, Prato Gigena e Mian e a qualche fiammata di Videnov, iniziarono a fare quei miracoli che Rieti avrebbe imparato ad apprezzare l’anno dopo.
Grazie a questo andamento a elastico tra vittorie e sconfitte, a 8 giornate dal termine, la Solsonica era tornata ai margini della zona playoff e aspettava la visita di Siena che, fino ad allora, aveva perso solo a Montegranaro e Avellino.
La NSB disputò contro i campioni d’Italia la miglior partita della stagione e rischiò di vincere se gli arbitri fossero stati più attenti. Due gli episodi incriminati.
Il primo: al 9’ del terzo quarto (62-66 per Siena) Rieti perse palla e il senese Hector Romero volò velocissimo in contropiede. Nessuno dei tre arbitri riuscì a corrergli avanti per accorgersi che il giocatore, volendo dare spettacolo, con la mano sinistra si era aggrappato alla retina per darsi maggiore slancio e schiacciare infilando palla e intero braccio dentro il canestro, rimanendo appeso, come fece Vince Carter nella gara delle schiacciate NBA vinta nel 2000. Unica differenza quest’ultimo saltava come un U.F.O. e non aveva certo bisogno di aiutarsi con la retina.
Nonostante le proteste di un’intera tribuna, quella davanti al canestro della Solsonica, che aveva visto tutto, così come gli spettatori immediatamente ai lati, gli arbitri fecero corrre invece di annullare il canestro (rimanendo sul 62-66), fischiare fallo tecnico a Romero (2 tiri liberi per il potenziale 64-66) e assegnare la rimessa a Rieti (per la potenziale tripla del 67-66).
In ogni caso la gara proseguì sul filo del rasoio e all’ultimo minuto, dopo i tiri liberi di Finley del 75-76 per Siena e la successiva palla persa da Drake Diener, Leroy Hurd ebbe a disposizione il tiro del sorpasso ma il fallo ai suoi danni fu ignorato e il Montepaschi vinse. Sudditanza? Tutto regolare? Pechè indagare? In ogni caso la Solsonica aveva fatto un figurone.
Dopo non aver saputo approfittare di una Napoli in sciopero sindacale, per la sest’ultima di campionato, giunse a Rieti la Virtus Bologna, che fu sconfitta 83-81 dopo un duello finale a suon di canestri tra Morris Finley e Alan Anderson.
A quel punto la Solsonica aveva ancora qualche chance di accedere ai playoff, però la situazione all’interno della squdra non era più molto serena e le difficoltà gestionali iniziavano a farsi più pressanti. Così, dopo le sconfitte di Capo d’Orlando e in casa contro Avellino (che avrebbe disputato la finale scudetto), arrivò il brutto -25 di Pesaro (80-55), frutto di un mezzo “sciopero bianco”. L’unicanota bella fu Dan Gay, che arrivò a Rieti nel 1984, il quale chiese al coach di farlo giocare l’ultimo minuto della sua venticinquennale carriera contro la squadra della città che lo portò in Italia per la prima volta.
Nonostante ciò, qualche piccola speranza di acciuffare i playoff ancora sussisteva per cui, rimessi in qualche modo a posto i pezzi della squadra, si andò al Paladozza dove si vide di nuovo una bella Solsonica tenere in scacco la Fortitudo. Dopo un altro grande duello a suon di canestri tra Kristaps Jancenoks e Morris Finley, sull’80-79 per Bologna, dopo due tiri liberi falliti da Joseph Forte, Steven Smith ebbe in mano dall’angolo la tripla della vittoria che, purtroppo, non entrò rendendo praticamente inutile l’ultima gara di campionato a Rieti con Cantù, finita 83-86 per gli ospiti dopo che Leroy Hurd mancò il tiro da 3 dei supplementari.
I conti con la Fortitudo sarebbero stati fatti nel campionato successivo mentre, per il resto, nonostante il mancato accesso ai playoff, la stagione, giocata per quasi metà col solo Helliwell come pivot di ruolo, fu più che buona anche se non mancarono molti insoddisfatti che non seppero o non vollero leggere “tra le righe” del campionato. La stagione successiva avrebbe aperto gli occhi a tutti.

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