Campionati
1981 / 1982
Dopo la delusione della stagione precedente l’Amg Sebastiani ripartì con due obiettivi: qualificarsi ai playoff, cercando di fare più strada rispetto alle ultime due stagioni, e riprendersi la Coppa Korac. Nel frattempo lo sponsor era mutato passando da un’acqua a un’altra: Acqua Fabia.
Per sostituire Klimkowski, Di Fazi scelse Claudio Vandoni, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Allenatori.
Al posto di Danzi subentrò Luca Blasetti il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori.
Invece il posto Kiffin fu preso da Tony Zeno, il cui profilo è nelle sezioni Personaggi e Giocatori Stranieri.
Da parte sua Willie, una volta partito Klimkowski, aveva più che mai voglia di dimostrare che quanto accaduto l’anno precedente non era stato certo colpa sua. Malgrado ciò in società cominciarono a circolare voci insistenti su un dolore alla schiena che lo affliggeva, puntualmente negato da Willie. «E’ ora di mandarlo a casa» insisteva il consigliere Umberto Pirri. Per tutta risposta in precampionato Sojourner si sottopose ad un rigoroso programma sotto la guida del prof. Giuseppe Pitoni, ex preparatore atletico della nazionale ai Giochi olimpici di Mosca, che gli fece perdere dieci chili. Durante le amichevoli estive Willie sembrava stentare, facendo nuovamente esplodere le critiche. A un giornalista che gli chiedeva il perché del suo scarso impegno, che lo metteva in cattiva luce, Willie rispose con una domanda: «E’ importante vincere una partita amichevole?».
Tre giorni dopo in campionato, a Milano, fece vedere la differenza, approfittando di un Billy Milano ancora in fase di rodaggio, l’Acqua Fabia, molto più avanti di preparazione proprio per mettere subito punti in cascina da gestire durante la stagione, stravinse al Palalido 58-73 trascinata da Zeno (28) e Blasetti (10) mentre Sanesi (9) rubò 6 palloni a sua maestà D’Antoni. Per la cronaca quel campionato lo avrebbe vinto proprio Milano.
Finita la partita Sojourner era euforico e voleva brindare a tutti costi. Allora bloccò il bibitaro del palasport di S. Siro, indicò la cassetta delle bevande e se la comprò tutta per scolarsela in pullman. Ne aveva ben donde: Willie aveva certamente capito che, per la prima volta da quando era venuto a Rieti, c’era qualcuno che sperava nel suo taglio.
Seguì un sonora vittoria al Palaloniano ai danni di Forlì (82-58) con 28 punti di Zeno, 16 di Brunamonti e anche 10 di Olivieri, mentre al terzo turno la Fabia strapazzò in trasferta il Banco Roma 82-86 (Zeno 30, Blasetti 18). E così Rieti, imbattuta, in vetta alla classifica a fianco della Sinudyne e davanti a Milano, Pesaro e Cantù divenne la rivelazione della serie A1.
Il mensile Giganti del Basket, la prima vera Bibbia del basket italiano uscì con la foto in copertina del quintetto reatino in posa da gradassi. Il titolo Attenti a questi cinque era la parafrasi di una fortunata serie di telefilm della coppia Roger 007 Moore e Tony Curtis. All’interno un servizio speciale sul terribile quintetto che poteva tenere in scacco qualsiasi avversaria. Giganti aveva sostanzialmente centrato i problema Sojourner, Zeno, Blasetti, Brunamonti e Sanesi potevano impensierire chiunque, ma avrebbero retto sulla lunga distanza? La risposta arrivò immediata: l’Acqua Fabia perse le 3 partite successive (in casa con Torino, e poi a Treviso e Brindisi) e si ridimensionò un po’.
Si andò avanti così per tutta la stagione con un buon 50 per cento di vittorie condite da alcune belle imprese interne: vittoria su Pesaro (70-63) grazie a Sanesi che francobollò Kicanovic, vendicando così il furto della finale di Coppa Korac di Belgrado ’79. Bis contro il Billy Milano (88-67) con 26 punti di Brunamonti, 25 di Sojourner e 12 di Sanesi. Successo su Cantù 101-84 (Sojourner e Zeno 24, Sanesi 16). Strapazzata per 106-89 alla Sinudyne del Professore Aleksandar Nikolic: Sojourner (25) umiliò Elvis Rolle; Zeno ne fece 35, Blasetti ne aggiunse 24 e Brumamonti (19) si fece beffe di Zam Frederick, ex capocannoniere universitario con South Carolina a 29 di media, uno dei migliori realizzatori della stagione.
In poche parole i 5 moschettieri spesso e volentieri riuscivano a fare faville: vicino al totem Sojourner e allo specchietto per le allodole Zeno, Luca Blasetti, da ragazzo intelligente quale era, seppe sfruttare gli spazi lasciatigli liberi disputando una grande stagione che gli valse la convocazione in nazionale.
Dopo la regular season, si giocarono le solite cinque gare supplementari a orologio.
La Fabia, come al solito, battè in casa le tre dirette inseguitrici (Mestre, Venezia e Latte Sole Fortitudo Bologna) e perse, a testa alta, in casa delle due squadre che la precedevano (Billy e Sinudyne). La posizione di classifica della Fabia non mutò assolutamente: 8° posto, come la Ferrarelle l’anno precedente. L’avversaria proveniente dalla serie A2 da affrontare negli ottavi del playoff sarebbe stata l’Honky Fabriano.
I marchigiani, allenati dal promettente Alberto Bucci, erano una buona formazione costruita attorno al pivot Al Beal, buon saltatore e stoppatore, e all’ala tiratrice Mark Crow. Altri giocatori da tenere d’occhio erano l’idolo di casa Leonardo Sonaglia, pericolosa mano calda (ha segnato 6.000 punti in serie A), mentre il cervello della squadra era un certo Maurizio Lasi, che Rieti avrebbe imparato a conoscere ben 21 anni dopo come bravo allenatore.
Naturalmente, dopo la beffa della stagione precedente, nessuno immaginava che Rieti potesse essere eliminata un’altra volta da una formazione di A2. E poi quattro protagonisti di quello sfortunato playoff (Sojourner, Brunamonti, Sanesi e Blasetti) avrebbero dovuto essere ormai rodati, oltre che desiderosi di riscatto. Insomma, il quarto di finale dei playoff con Milano (già battuta quella stagione due volte su tre) sfuggito l’anno precedente per colpa di Mestre, sembrò essere stato solo rimandato di un anno.
Ma l’Acqua Fabia non aveva fatto i conti non tanto con l’entusiasmo di Fabriano che aveva acciuffato i playoff alle ultimissime battute dopo una incredibile rimonta, ma soprattutto con il logorio di una stagione (campionato e Korac) condotta con soli cinque uomini utili e a cui si aggiunse anche una notevole sfortuna.
Il mercoledì precedente garauno Brunamonti, in allenamento, saltando sotto canestro era atterrato sul piede di un compagno e si era distorta una caviglia. Il che lo avrebbe tenuto fermo qualche giornoi. Brutta tegola. «Fino a quel momento non avevo mai subito un infortunio così grave – ricorda Roberto – ero seriamente preoccupato, perché la squadra aveva gli uomini contati».
Il giorno di garauno con Fabriano Vandoni era molto preoccupato: «La vedo nera» disse a un giornalista prima della gara.
Il coach fu un buon profeta. Ma il segno più chiaro del destino venne verso la fine del primo tempo. Sojourner, solissimo sotto canestro, ricevette un lungo passaggio da Zeno. Willie ebbe tutto il tempo di controllare e sollevare il braccio per uno schiaccione che avrebbe dovuto marcare psicologicamente la superiorità del quintetto di casa. Invece, apparentemente per troppa sicurezza, Sojourner mandò il pallone a sbattere sul ferro e a rimbalzare in mezzo al campo. Quell’errore non fu casuale e la diceva lunga sulla condizione psicofisica sia del pivot che dell’intera squadra. Per farla breve l’Honky, trascinata da Maurizio Lasi, che il lunedì mattina si meritò sulla Gazzetta dello Sport il titolo Lasi mondiale, disputò una partita perfetta spuntandola per 80-82 malgrado i 35 di Zeno e i 16 di Sanesi.
A Fabriano la Fabia era veramente decisa a vendere cara la pelle ed occorse un supplementare (77-70) prima di dover uscire ancora una volta prematuramente dai playoff. Anche se nessuno lo sapeva era l’addio definitivo ai sogni di gloria.
La Coppa Korac:
Non avendo raggiunto la semifinale nell’edizione precedente ed essendosi qualificata al 9° posto nel campionato 1980/81, l’Acqua Fabia fu costretta a ben due turni preliminari per accedere al consueto girone di qualificazione per le semifinali di Coppa Korac.
Nel 64° di finale affrontò il Basket Avignone: una formalità. A Rieti vinse 88-70 con 40 punti di Zeno che però saltò la partita di ritorno. Ma bastarono i 29 punti di Sojourner per sbarazzarsi 61-76 dei francesi.
Nei 32° arrivò l’immancabile squadra jugoslava: l’Olimpia Lubiana della quale fu faticosissimo sbarazzarsi. L’Olimpia, infatti, arrivò a Rieti assai bellicosa. Gli slavi giocavano un basket sporco consentito da un arbitraggio scandaloso che innervosì tutti quanti, pubblico compreso. In particolare il gigantesco e rozzo pivot Vujacic, che sedeva sulla panchina del Partizan Belgrado il giorno della prima finale di Coppa Korac, commise almeno un paio di falli da espulsione su Sojourner. I tifosi cominciarono a fischiarlo mentre lui si esaltò. Quando stava per scapparci la rissa finalmente il pivot di Lubiana venne espulso. Il Palaloniano esplose ma Vujacic, prima di tornare in panchina, andò in mezzo al campo e, novello Arnold Schwarzenegger, mostrò i bicipiti al pubblico come a dire: «A Lubiana i vostri ragazzi non usciranno vivi». La sfida proseguì e l’Acqua Fabia, tenendo in campo per 40 minuti il quintetto base, che andò tutto in doppia cifra (Sanesi e Blasetti 15), vinse a fatica 86-84.
Si parti per la Jugoslavia con una certa apprensione. A Lubiana l’ambiente era incandescente ma i soliti magnifici 5, solo loro, sfoderarono una partita sontuosa e, trascinati da Sojourner (28) e Zeno (25), batterono Vujacic e soci 75-77. A fine gara l’Acqua Fabia esultò, i tifosi dell’Olimpia assai meno.
Al rientro negli spogliatoi Brunamonti sentì improvvisamente una forte fitta a un fianco e cadde a terra per il dolore. Vujacic gli aveva appena sferrato un calcio. Sanesi reagì con una sediata sul pivot slavo. A questo punto tornare negli spogliatoi diventò assai difficile. Intervenne anche la polizia. Sojourner, brandendo una sedia, aprì la strada agli altri mentre Brunamonti era semisvenuto e Sanesi con una bottiglia in mano, copriva la ritirata agli altri. A Rieti vennero accolti da veri e propri eroi. Così Sojourner raccontò quella rissa: «A un certo punto Vujacic ha tirato un corner usando Brunamonti come pallone. Allora Sanesi gli ha dato una sediata. Quindi la polizia ha preso Padella e io ho preso la polizia!».
Il primo turno del girone dei quarti di finale prevedeva una passeggiata a Budapest in casa del Vasas che venne tritato 66-98. Una volta tanto Vandoni poté permettersi di far giocare anche qualche cambio (Blasetti 16, Olivieri 4, Luca Colantoni 4). Per l’arrivo del Forum Valladolid, invece, c’era qualche apprensione: Brunamonti era infortunato ma Sanesi (20) lo rimpiazzò a dovere. Al resto ci pensarono Zeno (36), Sojourner (30) e Blasetti 15. Gli spagnoli se ne tornarono a casa con un 106-93 sul groppone. Per il terzo turno si tornò ancora una volta in Jugoslavia, a Sebenico, dove dicevano giocasse un giovane molto promettente, il diciottenne Drazen Petrovic. In riva all’Adriatico la partita fu veramente spettacolare e ad altissime segnature, anche Blasetti ne fece 20, ma il Sibenka, trascinato da Petrovic (30) vinse di un solo punto 95-94. Era ormai chiaro che la qualificazione alla semifinale se la sarebbero giocata Acqua Fabia e Sibenka.
Il match di ritorno con Budapest, sconfitto 75-90, consentì la solita passerella di giovani: Luca Colantoni segnò 6 punti, Edoardo Carrer 4, Claudio Di Fazi 2. Ma la buona notizia venne da Valladolid, dove il Sibenka aveva perso permettendo alla Fabia di appaiare gli slavi a 6 punti in classifica. Il problema era che al prossimo turno doveva andarci Rieti a Valladolid. Puntuali i soliti magnifici 5, sempre e solo loro, sfoderarono un’altra partita coi fiocchi: tutti quanti in doppia cifra e addio agli spagnoli (83-92). A questo punto Rieti e Sebenico erano appaiate a 8 punti: chi avesse vinto a Rieti avrebbe superato il turno.
E così arrivò questa benedetta partita, non fosse stato altro che per vedere all’opera il temuto Petrovic. Come già detto più volte la coppia Brunamonti-Sanesi in passato aveva fatto spesso vittime illustri come D’Antoni, Kicanovic, Frederick e tanti altri, ma contro Petrovic non ci fu niente da fare. L’incontenibile Drazen giocò al gatto con il topo per tutta la sera con le guardie reatine irridendole. Inutili i 34 punti di Sojourner e i 26 di Zeno. Drazen riuscì a portare il Sibenka al supplementare. La comprensibile fatica annebbiò i 5 moschettieri. Nell’overtime entrò pure Bonino che segnò anche 4 inutili punti. Petrovic scrisse 40 conducendo per mano Sebenico al successo (99-104) e in semifinale.
Sbollita la rabbia per la sconfitta gli spettatori reatini poterono vantare di aver visto giocare un mostro sacro e permettersi di dire: «Io c’ero».
Sojourner aveva disputato una partita memorabile ma a chi, pensando di consolarlo, gli sottolineava la sua grande prova rispose: «E a che serve se abbiamo perso!». Lo sport è (anche) fatto di questo.
Brunamonti, per prendersi la più grande delle rivincite, avrebbe dovuto attendere gli Europei di Nantes del 1983.
Per lo sfortunato Drazen la dorata strada che nel 1989 lo avrebbe portato nell’NBA era appena cominciata. «Ho sempre sognato di avere Petrovic come compagno di squadra – ricorda Brunamonti – a Bologna il presidente Gianluigi Porelli cercò di prenderlo ma il Real Madrid gli offrì molto di più. Giocarci contro era terribile: non solo era immarcabile, ma ti sfotteva pure e non riuscivi a fare nulla per impedirglielo». Prima di perire in un banale incidente d’auto Petrovic chiuse la stagione 1992/93 con i New Jersey Nets a 22.3 punti di media a partita. La maglia numero 3 di Petrovic fu definitivamente ritirata dai Nets: cioè proprio da quella squadra che, incredibile coincidenza, era stata l’ultima formazione professionistica di Willie Sojourner nel 1975 prima del suo arrivo a Rieti, da cui il buon Zio Wilie ancora non immaginava di essere sul piede di partenza.
Finì così il momento magico dei cinque ammazzasette e contemporaneamente si avviava alla conclusione l’ultimo glorioso campionato della Sebastiani. D’ora in poi tutto sarebbe stato diverso.