Campionati
1980 / 1981
Il filosofo Giovanbattista Vico, padre della teoria dei corsi e ricorsi storici, afferma che «nel momento del massimo splendore si possono già intravedere i segni della decadenza». Teoria che si sarebbe rivelata assai valida per la Sebastiani, fresca damigella europea, sulla cui testa, già oscurata dalle nubi del caso Vendemini, stava per piombare un’altra brutta tegola. Arrivò infatti, neanche tanto inaspettato, il crack dell’Arrigoni. Nella sede del club, all’epoca in via Pennina (dove si trova oggi RTR) qualcosa era già nell’aria perché da tempo lo sponsor aveva smesso di pagare e poco dopo il titolare, Alvaro Genghini, sarebbe andato a gambe per l’aria.
Nelle more del fallimento ci fu ben poco da recuperare. L’AMG Sebastiani ottenne un modesto risarcimento: una quarantina di milioni in fondi di magazzino, cioè scatolette di tonno, sott’oli e via dicendo. E pensare che lo slogan della ditta era: «A scatola chiusa compro solo Arrigoni». Le conseguenze di tutto quanto ciò sarebbero deflagrate nel giro di in paio di stagioni.
Renato Milardi però non si scoraggiò per cui, rimboccatesi le maniche, strinse un accordo di sponsorizzazione con una grande azienda, la Ferrarelle.
Nel frattempo importanti novità si erano verificate in seno alla dirigenza che si era allargata già dal 1978 grazie all’ingresso di Sandro Rinaldi, Giancarlo Giovannelli e Luigi Trinchi, i quali si erano aggiunti al nucleo storico formato da Milardi, Di Fazi, Tozzi e Faraglia.
Tra le tante iniziative ci fu anche quella di una sottoscrizione garantita dal cartellino di Roberto Brunamonti che fu poi rimborsata, anche se pochi si fecero avanti a riprendersi la propria quota, quando il giocatore venne ceduto a Bologna.
Dopo l’addio di Pentassulgia la panchina venne affidata a Edward Klimkowski, il cui profilo è descritto nelle sezioni Personaggi e Allenatori.
Il posto di Lee Johnson fu preso da Irvin Kiffin, il cui profilo è descritto nelle sezioni Personaggi e Giocatori Stranieri.
Il resto della squadra era praticamente immutato: il crack dell’Arrigoni non consentiva voli pindarici e poi, a parte il cambio Johnson-Kiffin, si trattava della stessa squadra arrivata quarta in regular season l’anno prima, nonché della detentrice della Coppa Korac.
Sfumato il tentativo di tesserare come italiano l’ala italoamericana Roberto Ferrante, per giunta messo ko da Cliff Meely come già racontato, gli unici nuovi innesti furono tre giovani: Bonino, Colantoni e De Stasio.
Il campionato andò avanti ad alti e bassi, soprattutto a causa della difficotà di Klimkowski ad adeguare i suoi principi tecnici, sicuramente notevoli, a una squadra che era un misto di giovani, più adatti alle idee del coach statunitense, e di veterani come Sojourner e Danzi che gestivano le loro energie nel corso di una stagione come sempre divisa tra campionato e coppa Korac.
Per tale motivo la pannchina di Klimkowski traballò varie volte. A Forlì (75-92 per Rieti), furono i 43 punti di Sojourner a salvarlo. Ecco come andò.
“Durante un time-out – ricorda Pasquetti – a pochi minuti dal termine, ancora in parità, sussurrai a Willie che gli avrei offerto tre bottiglie di Vodka in caso di vittoria e lui mi strizzò l’occhio. Tornato in campo sembrava Shaquile O’ Neal e vincemmo. Alla sirena finale entrammo in campo, baci, abbracci e poi ripartimmo in autobus. A un certo punto, a un semaforo, Willie si avvicinò all’autista e staccò le chiavi dal quadro del bus. Nessunoò capì cosa accadesse. Sojourner mi guardò, disse ‘Attilio?’ e ammiccò a un bar sula strada ricordandomi la promessa che avevo dimenticato nell’euforia della vittoria. Ovviamente scesi a fare il mio dovere altrimenti no saremm mai ripartiti”.
La prima prova del fuoco a Rieti fu una delusione cocente: la Sinudyne di Marquinho e Mc Millian stravinse 75-95 nonostante i 25 di Willie. Quindi la Ferrarelle andò a Pesaro dove tutto andò storto.
Klimkowski, infatti, non aveva ancora la licenza per allenare per cui a referto figurava Cordoni come allenatore, mentre Ed era un semlice accompagnatore. Purtroppo quel giorno Sandro era a Livorno per un importantissimo torneo juniores, vinto tra l’altro, per cui, terminata la finale, che si disputò in tarda mattinata, dovette partire in fretta e furia per Pesaro, dove si giocava alle 17.30. Alla volante c’era Attilio Pasquetti, sempre lui, che guifava la sua auto con una mano ingessata per una frattura allo scafoide per cui rischiarono più volte l’incolumità. Arrirono sani e salvi, ma la partita era iniziata da un decina di minuti. La Ferrarelle era sotto di 15 punti e Klimkowski non poteva dirigere la squadra come avrebbe voluto perché il regolamengo non gli consntiva neanche di alzarsi dalla panchina. Alla fine Rieti perse 107-77.
Durante il viaggio di ritorno, la squadra si fermò mangiare in un ristorante vicino al Passo del Furlo. Sojourner chiuse le porte della sala e fece il diavolo a quattro. Volarono piatti e bottiglie. Willie ne ebbe per tutti: non ci stava a perdere in quel modo.
In ogni caso, quando ormai Klimkowski sembrava spacciato arrivava sempre una vittorai a salvarlo. E’ ciò che capitò, involontariamente e non certo di buona grazia, quando Elio Pentassuglia scese al Palaloniano alla guida del suo strapotente Varese, forte di una striscia di 9 vittorie consecutive (ma non sarebbe riuscita a vincere il campionato) e che sembrava dovesse fare un boccone dei padroni di casa. Non per nulla il primo tempo si chiuse con i varesini in vantaggio mentre il pubblico sugli spalti era in piena contestazione.
«Quando fummo negli spogliatoi per il riposo – rivelò all’epoca Brunamonti – Willie mi guardò, io lo guardai e tacitamente decidemmo di giocare a modo nostro. Riprendemmo la partita ed ottenemmo una vittoria molto importante per il prosieguo del campionato». In pratica i due uomini cardine, per il bene collettivo della squadra, avevano salvato il posto all’allenatore. Giusto così.
Nel girone di accadde un altro singolare aneddoto. In occasione della trasferta a Roma fu deciso di andare in auto. Durante il Kiffin e De Stasio andarono da soli e a un certo punto persero contatto con le auto del resto della comitiva.
«I compagni ci avevano detto di seguirli – racconta De Stasio – ma a un certo punto li abbiamo persi. Chiedemmo informazioni ma, equivocando, ci mandarono verso il PalaEur mentre noi dovevamno andare al Palazzeto di Viale Tiziano. Alla fine riprendemmo la direzione esatta ma, una volta in zona, non era comunque facile trovare la traversa giusta per cui girammo ancora per un po’ a vuoto finché un signore che stava lavando l’auto ci disse ‘annate a destra e poi a sinistra‘». I due dispersi arrivarono a partita già iniziata. Quando Kiffin fu pronto ad entrare nella ripresa la Ferrarelle era avanti di 15. «E’ fatta» pensarono in molti, ma Kif era freddo e, malgrado riuscisse a segnare 15 punti, non incise sulla partita. Il Banco Roma rimontò e vinse 79-77, anche perché Danzi, forse emozionato dal desiderio di vincere contro i suoi… datori di lavoro, sbagliò i tiri liberi del pareggio. Un altro segnale di un’annata decisamente storta.
Terminata la regular season, quell’anno tutte le squadre dovevano disputare una fase, cosiddetta a orologio, di cinque partite supplementari contro le due avversarie che le precedevano e le tre che le inseguivano in classifica, per poter determinare la griglia dei playoff.
Rieti vinse le sue partite in casa con le inseguitrici (Brescia, I & B Fortitudo Bologna e Forli) e perse in trasferta con Sinudyne e Torino. Negli ottavi di finale la Ferrarelle, classificatasi 8^, se la sarebbe dovuta vedere con la Superga Mestre, una delle quattro squadre di A2 ammesse ai playoff.
I lagunari erano capitanati dal mitico Chuck Jura, lo sceriffo del Nebraska (9779 punti, 4° realizzatore all time del campionato italiano dietro a Riva, Oscar e Morse) uno dei pochi centri contro cui Sojourner talvolta soffriva. Lo sceriffo era affiancato da John Brown, una discreta ala tiratrice. L’allenatore era il compianto Massimo Mangano. Sembrava comunque un turno facile e tutti già pregustavano il successivo quarto di finale col Billy Milano.
Ma la Ferrarelle si complicò subito la vita in garauno a Rieti, dove Mestre la mise sul piano del ritmo vincendo 87-93 malgrado i 20 punti di Sojourner, i 18 di Kiffin, Brunamonti 15, Sanesi 12, Danzi e De Stasio 8 a testa. La caratura tecnica della Ferrarelle avrebbe comunque dovuto essere tale da ribaltare il risultato in garadue, ma non ci fu niente da fare. Mestre vinse 83-79 malgrado i 42 di Sojourner e Kiffin. La Ferrarelle era già fuori dai playoff.
Ma se la stagione precedente l’eliminazione era stata determinata da una grande del campionato come Cantù, in quest’altro caso l’uscita anticipata determinata da parte di una cenerentola dell’A2, sommata a quella dalla Coppa Korac, furono un brutto colpo per la società. Una cosa era comunque già certa: Klimkowski non avrebbe più allenato a Rieti.
La Coppa Korac:
Essendo stata defraudata nell’edizione del ’79 ed essendo detentrice dell’edizione dell’80, Rieti era quanto mai legata alla Korac e voleva a tutti i costi rivincerla. Il solito girone dei quarti di finale partì con la trasferta a Tel Aviv per affrontare l’Hapoel che venne battuto 94-99 grazie ai 34 punti di Kiffin e ai 21 di Danzi. Al secondo turno c’era un’altra insidiosa trasferta a Belgrado, contro la Stella Rossa. Sojourner e Kiffin (43 in due) fecero la loro parte ma non fu sufficiente e la Ferrarelle tornò a casa battuta 93-80. A Rieti contro i belgi del Royal Anderlecht fu una passeggiata (105-80) dove la nota più lieta arrivò dai 14 punti di Olivieri. A questo punto sarebbe stato sufficiente vincere le due gare casalinghe di ritorno e non distrarsi ad Anderlecht per conquistare la semifinale.
La prima gara con l’Hapoel, che fino a quel momento aveva vinto una sola partita, fu più difficile del solito ma alla fine Sojourner (30) e Brunamonti (20) sbrogliarono la matassa (84-80).
Il disastro avvenne al turno successivo contro la Stella Rossa che giocò una grande partita in attacco. La Ferrarelle accettò il ritmo: tutto il quintetto andò in doppia cifra, compreso Sanesi (16), ma in difesa non si riuscì ad arginare gli slavi che vinsero 88-93, raggiungendo Rieti a 6 punti in vetta alla classifica e aggiudicandosi il confronto diretto.
Ad Anderlecht la Ferrarelle giocò con le orecchie tese a conoscere il risultato della sfida di Belgrado tra Stella Rossa e Hapoel. Ovviamente tifava per gli israeliani. Sojourner e soci erano talmente distratti dalle notizie provenienti dalla Jugoslavia che per poco non persero (71-72) anche perché Brunamonti era assente, ma Sanesi (18) lo sostituì bene. Purtroppo l’Hapoel fallì l’impresa e purtroppo, ancora una volta, una squadra di Belgrado aveva negato la Coppa Korac a Rieti.
«Col senno di poi – riflette Brunamonti – non fu una cattiva stagione. Certo, se paragonata a quella precedente rappresentava un passo indietro. Tutti si erano abituati molto bene dimenticando che la squadra, seppur lentamente, si indeboliva progressivamente e che i margini operativi per rinforzarla erano sempre ristrettissimi. Ma con la passione di mezzo mi rendo conto che non era facile, a Rieti, fare certi ragionamenti».