Campionati
 
1975 / 1976

La stagione 1975/76 si prospettava ricca di novità e sorprese. Come un fulmine a ciel sereno arrivò un secco comunicato che informava della rinuncia della società a Lombardi. Su questo episodio non c’è mai stata molta chiarezza, anche se da mesi era nell’aria. Tra il tecnico e la società si era creato un muro di incomprensione, mentre Vittori nei suoi lunghi e ripetuti colloqui con Milardi, da un lato, e Di Fazi, dall’altro, suggeriva di dare una rinfrescata alla squadra nel senso che, se da una parte venivano confermati i grandi vecchi Gennari e Cerioni, più Lauriski e Vendemini, dall’altra appariva opportuno dare spazio ad alcuni giovani e interessanti prodotti del vivaio reatino. Contestualmente Vittori avanzava la sua candidatura ad allenatore. Ne scaturì un miscuglio di senatori e pivelli che non era facile da amalgamare, anche perché chi sarebbe dovuto riuscire nella grande impresa di dirigere questa squadra assai futuribile, cioè Vittori, era a sua volta inesperto come head-coach, avendo avuto solo una brevissima esperienza da allenatore-giocatore a Varese nella Coppa Intercontinentale per club del 1966. Milardi e Di Fazi decisero di dargli una chance importante.
Data l’addio a Masini per alleggerire il bilancio, l’unica novità fu l’ingaggio del play-maker italoamericano Frank Valenti, ricordato più per la sua Chevrolet Corvette blu metallizzata (all’epoca avveniristica nella provinciale Rieti) e per la sua capacità di farsi amici fedeli fuori campo. «Frank assumeva sempre delle vitamine – raccontò Berton – ma io obiettivamente non vedevo la necessità di prendere tutte quelle pillole…».
Vittori credeva molto anche negli esordienti Sanesi e Zampolini, come negli altri giovani, ma ciò non bastava a ancora spalleggiare Lauriski e Vendemini, visto che Gennari, dopo essersi infortunato a un ginocchio, dopo il rientro stava segnando appena 6 punti di media: il ginocchio non era ancora guarito o c’era qualcos’altro? Purtroppo le sconfitte, come si sa, fanno ingigantire anche il più piccolo screzio.
Milardi se ne accorse e cercò di metterci una pezza. Lui stimava molto Vittori con il quale è rimasto sempre in buoni rapporti. Si pensò allora di ridurre gli stipendi del 50 per cento per dare una scossa alla squadra. Un provvedimento che, ovviamente, venne male digerito. Per tutta risposta Lauriski, Gennari, Vendemini, Valenti e Cerioni si presentarono a casa di Di Fazi per far sentire le loro ragioni. Lì per lì Italo ascoltò le rimostranze del quintetto di giocatori ma poi Gennari, da bravo professionista d’oltreoceano, recitò il più classico dei «no money, no play» (niente soldi, niente gioco) e per tutta risposta Di Fazi urlò: «Fuori tutti! Jètevene! Non pijàte più còsa!» e cacciò tutti fuori di casa.
Purtroppo la Brina non vinceva più, solo 5 successi in regular season, ed era ormai condannata alla poule salvezza. Il tracollo arrivò a Milano contro un altrettanto derelitto Cinzano che aveva richiamato una sua vecchia star, Austin Robbins, deceduto nel 2009, che però non fu di grande aiuto. Entrambe le squadre erano in fondo alla classifica, a soli 10 punti, ma i milanesi travolsero la Brina 114-78.
Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso. Si parlò di congiura dei senatori che, si diceva, non gradissero la predilezione di Vittori per i giovani a scapito dei più anziani. Milardi fu costretto a intervenire e convocò la squadra in una riunione che si svolse a porte chiuse all’Hotel Miramonti. I giornalisti vennero accuratamente tenuti fuori della sala dove, in teoria, si sarebbe dovuto ricreare il giusto clima all’interno della squadra. Ma quella stanza aveva una seconda porta, molto sottile, che non garantì la privacy sperata. Insomma da fuori si sentì tutto e per i cronisti fu una vera manna. E così le indiscrezioni invece di diminuire aumentarono pericolosamente. Vittori rassegnò le sue irrevocabili dimissioni, e non avrebbe allenato mai più. Gennari, dichiaratorsi innocente nonché professionista, fu multato insieme a Valenti.
Per l’esordio in poule salvezza, a Caserta, la squadra fu affidata all’assistente Sandro Cordoni che poco poté fare per scuotere una Brina ancora frastornata e, dunque, perdente per 76-63.
A guidare la squadra verso una non facile salvezza fu chiamato Elio Pentassuglia. Il tecnico pugliese aveva iniziato l’attività sportiva nella natia Brindisi come giocatore di volley per poi passare anche al basket. Ma una grave forma di reumatismo, lo obbligò a delle cure che lo fecero ingrassare facendolo diventare Big Elio. Pentassuglia nel frattempo era diventato allenatore, prima del vivaio di Brindisi e, poi, del settore delle nazionali giovanili lavorando anche con le rappresentative B di Nello Paratore e Giancarlo Primo. La sua prima esperienza da capo allenatore in serie A era stata quella con la Partenope Napoli da cui era stato esonerato alla terza stagione, nel campionato 1974/75, dopo una serie di divergenze col veterano italoargentino Carlos D’Aquila. Su Pentassuglia aveva messo gli occhi Italo Di Fazi.
Così, a quindici giorni dall’addio di Vittori, sbarcò a Rieti questo grosso allenatore, che da noi sarebbe diventato grande, anche se all’inizio fu accolto dalla tifoseria con qualche mugugno. Valenti incominciò a giocare come un vero americano, Gennari & C. non furono da meno e la Brina riicominciò a vincere.
«I giocatori erano gli stessi - ricorda Pasqualino Berton, vero e proprio termometro dello spogliatoio - per questo non ho mai creduto tanto alla congiura dei senatori quanto piuttosto al cambio di metodo sia dal punto di vista tecnico che umano tra Vittori, uomo burbero e scontroso, e il diverso stile di gioco e di gestione della squadra da parte Elio».
In poule salvezza, il match casalingo contro l’Ausonia Genova fu trasmesso in Tv. Lauriski ne fece 44, i liguri vennero travolti (97-78) e Pentassuglia ne approfittò per mandare in campo un ragazzino: si chiamava Roberto Brunamonti e segnò 2 punti.
Aldo Giordani ai microfoni della Rai commentò: «Un ragazzo da tenere d’occhio».
In ogni caso, nonostante le montagne di canestri segnate da Lauriski e Gennari e la rinascita di Frank Valenti, la Brina non ce la fece a salvarsi e l’anno successivo avrebbe dovuto partecipare alla serie A2.
In coppa Korac, avendo disputato la semifinale l’anno precedente, la Brina era qualificata di diritto ai quarti di finale, ma la partecipazione fu perfettamente in linea col campionato: cioè deludente. Lo straniero di coppa era Tom Roy (il cui profilo è nella sezione giocatori stranieri). La Brina non superò il girone di qualificazione dei quarti di finale vinto dalla Joventut Badalona. Le altre due squadre partecipanti furono entrambe francesi: l’Evreil Monceau e il Le Mans.

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1975/76 LA SQUADRA
AL CAMPO SCUOLA
ARRIVA "BIG" ELIO
E LA SICUREZZA?
FRANK VALENTI
IL MATRIMONIO DI LUCIANO
LA CHEVROLET CORVETTE DI FRANK VALENTI
LA MIGLIORE STAGIONE DI LAURISKI
LUCIANO VENDEMINI
MAURO STAGNI
PAOLO VITTORI COACH
TOM ROY
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